Foreste per la salute, le minacce ai benefici del verde del Pianeta

[Articolo originale] Raffaella Capritti Mar 21, 2023 , , , , ,

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Le foreste per la salute. E’ il tema di fondo per la Giornata internazionale delle Foreste di quest’anno. Secondo le Nazioni Unite “dobbiamo essere noi a salvaguardare queste preziose risorse naturali: foreste sane porteranno a persone sane“. I benefici delle foreste: purificano l’aria, catturano l’anidride carbonica (CO2), forniscono cibo e medicinali, oltre a tanti altri servizi ecosistemici.

Da quando la Giornata delle foreste è stata istituita il 21 marzo del 2012, l’Onu incoraggia i Paesi a intraprendere sforzi locali, nazionali e internazionali per organizzare attività che sensibilizzino sulle foreste e sull’importanza degli alberi.

Per esempio da uno studio condotto su 43mila famiglie in 27 Paesi africani emerge che la ‘diversità alimentare’ dei bambini esposti alle foreste è almeno del 25% superiore a quella dei bambini che non lo sono. Il numero totale di specie vegetali utilizzate per scopi medicinali potrebbe arrivare fino a 50mila. E, ancora è stato dimostrato che una visita in un ambiente forestale abbassa la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca, riducendo i livelli di cortisolo.

Il mondo sta perdendo 10 milioni di ettari di foresta ogni anno a causa della deforestazione, praticamente è come se scomparisse una superficie grande quanto l’Islanda.

Questo si traduce in perdite di servizi ecosistemici, cioè mancanza dei benefici che le foreste forniscono alle attività umane, dal cibo alla farmaceutica. Sulla Terra le foreste giocano un ruolo fondamentale nel sistema climatico, sono un serbatoio di carbonio e regolano la temperatura del Pianeta. Nell’ultimo decennio, gli ecosistemi terrestri hanno assorbito circa il 30% delle emissioni di carbonio prodotte dalle attività umane riconducibili alla combustione dei combustibili fossili.

Da un lato c’è la crescente pressione della deforestazione, dell’urbanizzazione, dello sviluppo industriale, dell’espansione agricola; dall’altro i cambiamenti climatici attraverso la siccità, la desertificazione e altri eventi meteo estremi aumentano il processo di surriscaldamento del Pianeta. Fino al 40% della superficie terrestre è stata deteriorata, inclusi il 30% dei terreni coltivati ​​e il 10% dei pascoli.

Negli ultimi 50 anni, l’area delle zone aride in situazione di siccità è aumentata in media di oltre l’1% all’anno, colpendo soprattutto i Paesi dell’Africa e dell’Asia. Continuando a questo ritmo entro il 2050 un’area grande quanto il Sud America si sarà deteriorata. Fino a 250 milioni di persone potrebbero essere sfollate entro il 2050 a causa della desertificazione e degli effetti dei cambiamenti climatici.

L’impatto sulla sicurezza alimentare, sulla disponibilità di acqua e sulla salute degli ecosistemi ha ricadute direttamente su almeno metà della popolazione mondiale. La perdita di servizi ambientali è del valore di circa 40 trilioni di dollari ogni anno, pari a quasi la metà del Pil mondiale (a 93 trilioni di dollari nel 2021).

Perdere le foreste e gli alberi ha anche effetti opposti se questo avviene per esempio per colpa degli incendi: il carbonio che hanno immagazzinato viene rilasciato, e secondo un rapporto dell’Onu la sola deforestazione rappresenta circa il 10% di tutte le emissioni di gas serra causate dall’uomo. Se non si mettono in campo azioni adeguate per ripristinare e proteggere il territorio – viene spiegato – entro il 2050 verrebbero emesse quasi 70 gigatonnellate di carbonio in più a causa del cambiamento dell’uso del suolo e del degrado del suolo, pari a circa il 17% delle emissioni annuali attuali di gas serra.

Si possono attuare delle misure per frenare e invertire la rotta

Tra queste il ripristino, che comprende l’agroforestazione, la gestione dei pascoli e la rigenerazione naturale assistita, nonché la protezione di aree importanti per la biodiversità e l’approvvigionamento di risorse naturali come l’acqua. Le pratiche di gestione sostenibile del territorio , come l’uso di sistemi di irrigazione più efficienti e la rotazione delle colture, possono proteggere gli ecosistemi e le comunità che dipendono da essi, nonché aiutare a regolare i modelli meteorologici locali, migliorare la qualità dell’acqua del suolo e proteggere la biodiversità.

I benefici socioeconomici del ripristino del territorio, compreso il suo impatto sulla riduzione delle emissioni e sulla prevenzione della perdita di biodiversità, potrebbero essere significativi, fino a 140 trilioni di dollari all’anno (ovvero il 50% in più del Pil mondiale nel 2021). Se nei prossimi 10 anni utilizzassimo solo 1,6 trilioni di dollari dei 700 miliardi di dollari l’anno a sostegno delle industrie dei combustibili fossili e dell’agricoltura, i Paesi potrebbero ripristinare circa 1 miliardo di ettari di terra degradata, che equivale a un’area delle dimensioni degli Stati Uniti o Cina, compresi 250 milioni di ettari di terreni agricoli.

La superficie forestale in Italia

In Italia continua ad aumentare la superficie forestale gestita in maniera sostenibile. In base ai dati del nuovo rapporto del Pefc Italia (Programme for endorsement of forest certification schemes) – l’ente promotore della certificazione della buona gestione del patrimonio forestale – si è passati dagli 892.609,63 ettari del 2021 ai 925.609,96 del 2022 con un incremento di 33mila ettari, pari al 3,7% in più.

A livello territoriale, il Trentino Alto-Adige è prima in classifica per superficie forestale certificata più estesa con 556.147,9 ettari. Al secondo posto il Friuli Venezia Giulia, con 95.163,98 ettari; al terzo il Veneto con 76.294,005 ettari. Tra le regioni in crescita spiccano l’Emilia Romagna e la Toscana.

“La gestione sostenibile delle foreste e il loro uso delle risorse – spiega l’Onu – sono fondamentali per combattere il cambiamento climatico e per contribuire alla prosperità e al benessere delle generazioni attuali e future. Le foreste svolgono anche un ruolo cruciale nella riduzione della povertà e nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”.


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